Su questo coraggioso patriota abbiamo le notizie raccolte nel volume di Ascani Angelo ” Montone” (Città di Castello, 1992). Dopo un breve resoconto sulla partecipazione di Montone, con Città di Castello e altri Comuni della zona, alle vicende della Repubblica Romana del 1849, si legge: ” Mentre avvenivano questi moti rivoluzionari, nell’Italia centrale si costituirono numerosi corpi di volontari per andare a combattere con i piemontesi contro l’Austria e per collaborare alla formazione dell’Unità nazionale. Meritano qui menzione alcuni montonesi: i fratelli Lorenzo e Gregorio Reali, Crescenziano Migliorati, Alfonso Picconi, Alberto Cirami, Antonio Polidori, Carlo Bonucci ed altri ancora, i quali presero viva parte alle campagne del 1848-1849. Ma chi sopravanzò tutti i montonesi nell’ardore patriottico, durante le guerre di Indipendenza, fu Giuseppe Polidori, nato il 1° aprile 1836. Appena ventritrenne, si arruolò volontario nell’esercito piemontese e partecipò alla battaglia di San Martino (1859). Terminata quella campagna, entrò nel numero dei famosi Mille. Combattè valorosamente a Catalafimi, entrò a Palermo il 27 maggio con Giuseppe Garibaldi, col grado di Sergente meritato sul campo di Milazzo; prese parte a tutti i fatti d’arme in Calabria, finchè il 7 settembre entrò con i commilitoni trionfalmente a Napoli. A Capua, il Comandante lo nominò Ufficiale sul campo per il suo ardimento nella battaglia al Volturno. Ma tante fatiche e lotte prostrarono assai la sua salute ed una ferita, riportata in Campania, lo obbligò a ritirarsi a Montone. Appena si sentì alquanto ristabilito in salute, partì nuovamente volontario e riprese il suo posto nell’esercito, ma il riacutizzarsi della malattia, lo costrinse a ritornare ancora in Umbria e questa volta per sempre, facendo alla Giovane Italia l’offerta della sua vita. Morì a Città di Castello il 6 giugno 1864, appena ventottenne.” Ma gli altri volontari garibaldini da dove venivano? Lo storico Alfonso Scirocco nella sua biografia su Garibaldi scrive: ” I Mille di Marsala sono professionisti, studenti, artigiani, operai: tra loro si contano all’incirca 250 avvocati, 100 medici, 20 farmacisti, 50 ingegneri e altrettanti capitani di mare, un centinaio di commercianti, una decina di artisti, pittori, scultori; c’è qualche prete; è presente una donna, Rosalia Montmasson, moglie di Crispi, in abito maschile. Sono quasi tutti italiani, e in gran maggioranza settentrionali: le più rappresentate, la provincia di Bergamo (163) e la Liguria (154); i sudditi borbonici sono meno di un centinaio. Ci sono veterani e reclute, patrioti sfuggiti alle forche e alle prigioni, idealisti che inseguono sogni di gloria, letterati in cerca di emozioni, infelici che desiderano la morte, miseri che sperano in una sistemazione. Il più anziano, Tommaso Parodi, genovese, ha quasi settant’anni; il più giovane, Giuseppe Marchetti, di Chioggia, partito col padre, di anni ne ha 11.”