VIABILITÀ STORICA DI COLLEGAMENTO TRA TOSCANA E MARCHE ATTRAVERSO L’ALTOTEVERE

Relazione dell’Ing. Giovanni Cangi del 9 febbraio 2007

Premessa

Gli studi condotti sull’assetto della viabilità storica altotiberina, con particolare riferimento alle arterie diattraversamento che fin dall’antichità servirono a mettere in comunicazione le aree tirreniche con il versante adriatico, prendono spunto da una serie di ricerche sviluppate in ambito didattico con gli studenti del CorsoGeometri dell’I.T.C.G. “I. Salviani” di Città di Castello. Attività supportate da una ricognizione sistematicadel territorio e del ricco patrimonio architettonico che lo caratterizza, in gran parte sconosciuto.

L’indagine, pertanto, mette in campo i risultati del progetto didattico “Architettura e territorio”1 che da oltre dieci anni si pone l’obiettivo della riscoperta e valorizzazione dei beni culturali minori e del patrimonioedilizio storico altotiberino attraverso il percorso formativo. L’approccio metodologico si affida a vari ambitidi ricerca e pone l’attenzione su molteplici aspetti, da quello storico-archivistico all’analisi cartografica eorografica del territorio e alla conoscenza dei caratteri architettonici delle costruzioni più antiche; così dasfruttare anche le competenze tecnico-scientifiche specifiche del corso di studi che permettono di dare allaricerca un taglio articolato in una trattazione pluridisciplinare.

A sostenere l’iniziativa, con apporti vari sul piano culturale, contribuisce da anni anche l’AssociazioneStorica dell’Alta Valle del Tevere, organismo locale che guarda al bacino dell’Altotevere nella sua globalitàe svincolato dai confini amministrativi.

L’obbiettivo è quello di offrire una chiave di lettura utile per interpretare quei segni che tanto alla scalaglobale, quanto a quella ridotta, favoriscono una ricostruzione critica del complesso mosaico che intreccia ladimensione fisica e morfologica dell’Altotevere con la sua millenaria dinamica antropica.

Formazione del territorio e aspetti naturalistici

Un primo aspetto della ricerca riguarda l’orogenesi del territorio altotiberino e più in generale del trattodi dorsale appenninica che gli fa da cornice naturale; risultato del lento processo geologico associato alla fasecompressiva, che ha prodotto il progressivo innalzamento dei fondali marini, per effetto dell’urto fra laplacca tettonica africana e la placca eurasiatica in direzione sud-ovest, nord-est.

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a) Schema della fase geologica compressiva b) Pieghe rocciose determinate dallo stato di compressioneFig. 01 – Carta Geologica d’Italia (I.G.M.) -Particolare del Foglio n. 115, Città di CastelloFasi geologiche di formazione e trasformazione del territorio

1 I.T.C.G. “I. Salviani” Corso Geometri, Città di Castello:

Vol.1 Indagine storica, artistica, architettonica e strutturale sulla Chiesa di San Michele Arcangelo e Santa Eurosia di Userna 1998 Vol.2 Santa Maria d’Ara di Fiume. Indagine su una Chiesa Romanica dell’Alto Tevere Umbro 1999Vol.3 Ecclesia Plebis de Rosulis. Un’antica Pieve Altotiberina 2000 Vol.4 Il Mulino di Vallurbana 2001 Vol.5 Santo Stefano di Bonsciano. Indagine Architettonica, Storica e Artistica 2003Vol.6 Santa Felicita di Paterna. Vicende storiche ed evoluzione costruttiva 2004 Vol.7 Madonna delle Stelle nel Castello di Montalbano 2006.

L’Altotevere pertanto si trova fra l’incudine e il martello, sottoposto a forti compressioni esercitate in senso ortogonale alla catena appenninica, le quali hanno generato grandi pieghe e profonde fratture coincidenti con le direzioni di massima spinta.

Una seconda serie di fratture ortogonali alle prime, è dovuta alla fase di rimbalzo tettonico che èpossibile analizzare e decifrare attraverso le leggi della fisica e della meccanica dei materiali.Le pieghe e le faglie costituiscono la matrice morfologica del territorio, caratterizzata da una successionedi sinclinali e anticlinali, con alternanza di rilievi e depressioni che seguono orientamenti paralleli.

Questo processo ha avuto corso in un arco di tempo lunghissimo e ha dato seguito ad una fase distensiva,tuttora in atto, caratterizzata da fenomeni gravitativi che inducono le masse sollevate a ricollocarsi in basso.Tutto ciò ha dato luogo ai tanti terremoti che si sono registrati nell’Appennino centro-settentrionale e chefanno dell’Altotevere una delle zone ad elevato rischio sismico. L’Alta Valtiberina, pertanto, costituisce la conseguenza più evidente di questo processo gravitativo da cui ne deriva un lento, ma costante sprofondamento.

Terremoti

Merita ricordare che i terremoti più violenti che hanno interessato l’Altotevere a memoria d’uomo, sisono ripetuti con cadenze piuttosto regolari e con intensità paragonabili. Se ne possono elencare alcuni fra ipiù importanti, classificati in base alle curve isosismiche e ai danni arrecati alle costruzioni:

-il terremoto di Citerna e Monterchi del 26 aprile 1917, classificato al X grado della Scala Mercalli, hascaricato la massima energia lungo la direttrice parallela all’asta del Tevere fra le località di Perugia eMercato Saraceno, in direzione SE-NO;

-un altro fenomeno sismico che si è manifestato più volte in Altotevere secondo la direttrice San Sepolcro-Arezzo trasversale alla precedente, resta fissato nella memoria storica della popolazione altotiberina perdue eventi di particolare intensità verificatisi nel 1352 e nel 1414: il primo “disastrosissimo” fece abbattere numerosi edifici anche in Arezzo; il secondo terremoto causò 200 morti a San Sepolcro e riuscìrovinoso ad Arezzo;

-in questo contesto è importante ricordare anche il terremoto di Selci-Città di Castello del 30 settembre1789, per il quale il villaggio di Selci fu ridotto in un cumulo di rovine e Città di Castello in gran partedistrutta, quindi propagatosi in direzione parallela a quella del terremoto di Citerna-Monterchi, ma inquesto caso sul versante orientale della Valtiberina.

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Fig. 02 – Curve isosismiche e direttrice di massima propagazioneFig. 03 – Direttrici di massima propagazione delle onde

dell’onda sismica del terremoto di sismiche corrispondenti ai terremoti di:

CITERNA – MONTERCHI (26 Aprile 19172) SANSEPOLCRO – AREZZO (1352, 1414)

SELCI -CITTA’ DI CASTELLO (1789)

2 Terremoto umbro-aretino, 26 aprile 1917-Curve isosismiche. Atti dei nuovi Lincei, Sessione VI, a.c. di E. Oddone, Firenze 1917.

Le rappresentazioni grafiche delle curve isosismiche e delle direttrici di massima propagazione deldanno richiamano l’attenzione su una delle manifestazioni più significative dell’interazione esistente fra natura geologica e caratteri fisico-ambientali di una determinata area, che trovano la loro sintesi nell’orografia del territorio, nella conformazione delle valli e del paesaggio collinare e montano.

I terremoti, pertanto, documentano il processo dinamico di trasformazione del paesaggio sottoposto aduna continua evoluzione, che può essere registrato a vari livelli e con diversi strumenti oggi disponibili:

-attraverso l’analisi delle carte geologiche, che in modo convenzionale mostrano la natura dei terrenicome in una radiografia; -dall’interpretazione delle carte fotografiche satellitari, che sfruttano la gamma cromatica naturale delterreno e della vegetazione e mettono in evidenza altre caratteristiche della sua superficie;

-mediante l’osservazione sul terreno, che favorisce chi guarda con una condizione visiva simile aquella dell’uomo del passato, che dall’analisi del profilo dei rilievi, dalla verifica degli allineamentivallivi, sapeva trarre riferimenti utili per le sue esigenze.

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Configurazione del sistema viario

Fin dalla preistoria, quando l’attuale Città di Castello era un piccolo centro palafitticolo collocato su undosso che protendendosi verso il Tevere chiudeva la più importante conca valliva del pleistocenico Lacus Tiberinus, si manifestò il potenziale ruolo dell’Alta Valle del Tevere come cerniera di collegamento fra ilnord e il sud, l’est e l’ovest. In seguito al lento prosciugamento delle aree paludose si aprirono le prime vie diattraversamento della conca lacustre alle estremità settentrionale e meridionale della valle, creando una rete che si è consolidata nelle epoche successive fino ai nostri giorni.

Una vocazione che in origine si è manifestata in modo macroscopico con lo spostamento di mandrietransumanti dalle zone della Val di Chiana, che dovevano essere abbandonate durante l’estate per raggiungere le cime dell’Appennino, un ambiente che assicurava aria sana e ampi pascoli per gli animali.

Tradizione foriera di uno sviluppo economico, militare e poi culturale che si è consolidata al tempodell’Impero Romano con il collegamento fra Cassia e Flaminia, poi nel Medioevo, con i percorsi chemettevano in comunicazione la Via Francigena e le Romee orientali.

Nel medioevo altri percorsi trasversali andarono a potenziare la viabilità esistente, come la Strada diPietramala verso Sansepolcro e quella della Valcerfone per Selci e l’Alta Valle del Metauro.

Nell’ottocento le stesse terre furono attraversate dalla via Anconetana (Livorno-Ancona) e più tardi dalla(F.A.C.) Ferrovia dell’Appennino Centrale Arezzo-Fossato di Vico, costruita con l’obiettivo di congiungereil Casentino e la Val di Chiana con la Flaminia. Ancora a tutt’oggi si dibatte sulle ipotesi di attraversamentodella valle per fissare la sede definitiva della trasversale E78 (Grosseto-Fano).

I romani hanno utilizzato e potenziato le strade preesistenti, le hanno adattate alle loro esigenze percreare dei diverticoli a servizio della viabilità principale, ma nell’assetto viario generale hanno relegatol’Altotevere in un ambito piuttosto marginale perché si sono maggiormente serviti della Flaminia e dellaCassia per il raggiungimento dei territori padani.

Tuttavia ai romani va riconosciuto il merito di aver intuito e sfruttato le potenzialità di questa area con la creazione del collegamento con Ravenna e la Romagna attraverso la Via Ariminensis, l’unica strada antica “di grande comunicazione”, inizialmente militare, realizzata in questo territorio per collegare la piazzafortedi Arezzo con quella di Rimini e i vicini approdi. Una infrastruttura che è frutto di un progetto strategico cheancora oggi invita a riflettere sul possibile sfondamento a nord del sistema di trasporto altotiberino.

Questa estesa visione geografica ha portato i romani a individuare anche nel Tevere una potenziale “viad’acqua”, utilizzata a fini commerciali per trasportare a Roma il legname ricavato dalle ricche foreste dellaMassa Trabaria e le varie derrate alimentari.

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Fig. 06 – Schema indicativo delle fasi diprosciugamento delle aree paludose con leprime vie di attraversamento della valle e divalico del crinale

Le direttrici primarie

Le prime vie di attraversamento della valle aperte al passaggio dell’uomo in seguito al prosciugamentodelle aree paludose, si individuano sul lato settentrionale della valle. Tracciati che coincidono con le principali mulattiere di valico che hanno mantenuto la loro funzione fino al XIX e XX secolo; nel tempo sisono aperte altre vie parallele sul lato meridionale della valle, assumendo un ruolo sempre più importante.

I cambiamenti geologici del territorio altotiberino hanno fatto assumere al paesaggio un aspettomorfologico che emerge in modo molto chiaro dalle fotografie satellitari. Queste mostrano la valle centrale equelle laterali secondarie, disposte alla sinistra e alla destra idrografica del Tevere, solcate da piccoliaffluenti a regime torrentizio.

La rete idrica superficiale definisce una struttura a spina di pesce orientata da sud-ovest a nord-est. Lacarta geologica, inoltre, mostra un allineamento sistematico fra gli affluenti del Tevere che si fronteggiano ailati opposti della valle, secondo questo schema:

Affluenti di destra – Affluenti di sinistra

Niccone – Carpina, Carpinella Nestore – Soara Aggia – Scatorbia Erchi – Vaschi Scarzola – Regnano Padonchia – Cerfone – Lama, Fosso di Valdimonte

Meno evidenti gli allineamenti, che comunque si rilevano, fra la Sovara e l’Afra, il Singerna e la Tignananel tratto settentrionale della valle.

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Fig. 07 – Schema geometrico della rete stradale primaria altotiberina impostata secondo le direttrici naturali (Estratto Carta Geologica d’Italia – IGM, Foglio n. 115 Città di Castello)

Nella stessa carta geologica si rilevano i segni di un’altra importante incisione che taglia l’Altotevere dasud a nord, con origine dalla zona di Trestina e Promano, dove convergono e si smistano i percorsitrasversali di fondo valle provenienti dalla Toscana e dalle Marche.

L’itinerario risale l’asta del Tevere in direzione di Città di Castello, da dove si sovrappone ad un trattodella pedemontana antica, per giungere fino a Passano, località situata sopra Lama di San Giustino.

Da qui la strada risale la stretta valle che conduce al crinale dell’Appennino per poi ridiscendere aLamoli, piccolo centro dell’alta valle del torrente Meta, in territorio marchigiano.

A questa analisi preliminare non può sfuggire un’altra traccia che emerge in modo evidente sia dallecarte satellitari, sia dalla carta geologica e che individua la Via del Vingone, importante direttrice orientatasecondo la direzione NO-SE.

Una via che proietta l’Altotevere verso la Toscana, attraverso le valli del Cerfone e della Sovara, mentrea levante si prolunga nella piana di Gubbio e quindi verso la via Flaminia.

Il sistema viario ricostruito sulla cartografia di base mostra una interessante geometria che sembraderivare da una voluta pianificazione territoriale impostata su una caratteristica forma a imbuto.

In realtà gli assi strutturali di questo reticolo seguono dei segni naturali e l’azione antropica ne ha solorafforzato i caratteri, con un sostanziale rispetto delle direttrici fisiche e morfologiche del terreno.

In questa curiosa struttura geometrica il centro storico di Città di Castello si trova nel collo d’imbuto,ovvero, nel punto di massimo restringimento della valle, che costituisce il polo privilegiato dove convergonole principali arterie locali.

La pianura altotiberina ricade pertanto in un triangolo equilatero i cui vertici geologici fanno capo, oltreche a Città di Castello, in Umbria, ai centri abitati di Anghiari, in Toscana e di Lamoli, nelle Marche.

I lati del triangolo, invece, corrispondono ai tre assi viari principali: la direttrice nord-est (Anghiari-Lamoli), la direttrice nord-ovest (Città di Castello-Anghiari) e la direttrice nord (Città di Castello-Lamoli).

Il disegno di questa rete stradale primaria rispondente alla struttura morfologica dell’Altotevere, emergealla scala territoriale, ma si mantiene anche alla dimensione minuta, come nelle linee di frattura di piccoleformazioni rocciose rilevabili nello stesso territorio.

Lo stesso effetto, peraltro, si rileva in un contesto macroscopico interregionale, che permette di inquadrare l’Altotevere con i vicini territori del Casentino, del Valdarno e della Val di Chiana.

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Fig. 08 -Schema geometrico delle direttrici naturali delFig. 09 – Lo schema geometrico riproposto alla scala ridotta territorio altotiberino alla scala globalenelle formazioni geologiche naturali (Estratto Carta Geologica d’Italia – IGM) (Passano, Pescio, Colle del Corniolo)

In questo modo si rileva che l’asse della Valtiberina, nel tratto compreso fra Sansepolcro e Città diCastello, presenta lo stesso orientamento delle valli del Casentino e del Valdarno, mentre il ramo meridionale, fra Città di Castello e Trestina, è parallelo al canale della Chiana. Ma a differenza del Tevere,che prosegue il suo corso verso sud, l’Arno devia di fronte all’ostacolo della Val di Chiana, situata ad unaquota superiore.

Un altro significativo legame morfologico fra l’Altotevere e il territorio aretino si rileva nei ramiinferiori del Nestore e dell’Aggia, affluenti di destra del Tevere, che costituiscono un naturale prolungamento della direttrice che attraversa il Passo dello Scopetone.

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Fig. 09 – Base cartografica rielaborata, tratta da G. Cataldi, Forma Quadrata Italiae – Una teoria ‘architettonica’ per laricostruzione topografica dell’Italia Romana, in “Atti e Memorie della Accademia Petrarca di Lettere, Arti e Scienze” -Nuova serie -Vol. LXV, 2003.

I nodi della rete viaria che ricalca la maglia geografica scandita dall’alternanza di valli e rilievi costituiscono dei punti strategici nel controllo del territorio, dove nel tempo sono sorti mercati, si sonoformate delle comunità con la costruzione di case, edifici pubblici, mulini e strutture d’accoglienza comeospedali, chiese e conventi.

In seguito questi insediamenti hanno assunto la dimensione di nuclei abitati che in parte sopravvivonoancora oggi come piccole frazioni, quando non sono divenuti centri più importanti; comunità unite sotto ilsimbolo dei campanili di pievi o di piccole chiese rurali.

Il sistema delle strutture religiose costituito da chiese, pievi e abbazie si infittisce lungo le vie dove piùintensi sono stati i flussi umani e i traffici commerciali, come nella valle del Nestore, dove fra Volterrano e Trestina, nel solo tratto umbro, si concentrano numerosi edifici storici di pregio distribuiti nel fondovalle esulle colline che fiancheggiano il corso del fiume.

Con il sorgere di questi insediamenti sparsi si crea pertanto la necessità di un controllo sistematico delterritorio e della viabilità di collegamento, quindi le chiese vengono costruite in prossimità di fortificazioniche ne possono garantire la protezione, strutturate in una rete difensiva intrecciata con quella degli stessiinsediamenti abitati.

Centri abitati Fortificazioni

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Pieve di Ronti

– Percorsi Verdi, Alta Valle del Tevere Umbro -Consorzio LUCIS Estratto della carta 1:25.000

Siti individuati in posizioni d’altura per assicurare un controllo del territorio a vasto raggio e per potercomunicare in modo agevole attraverso collegamenti ottici.

Un esempio interessante di questa organizzazione territoriale si trova nella piccola frazione di Ronti,situata nella Valle del Nestore, dove il nucleo abitato e la pieve romanica di San Manno, eretti lungo la stradadi fondovalle in corrispondenza del bivio per Trevine, si trovano al centro di un triangolo fortificato che facapo al castello di Ghironzo.

La Direttrice del Nestore e la Via dei Montagnini

L’esempio della Valnestore non è casuale, in quanto copre un tratto significativo della trasversale sud-ovest, nord-est. Una strada la cui importanza è dimostrata dalla funzione che ha avuto in passato comecorridoio di diffusione della civiltà etrusca nel territorio altotiberino, accentuata dal ruolo assunto nel collegamento fra Cassia e Flaminia in età romana.

Molti nomi dei luoghi lungo la valle del Nestore, sono di origine etrusco-romana3: Trestina = Trextrina; Canoscio = Canusium; Caspignano = Gens Caspia.

Percorrendo questa strada dalla Toscana alle Marche si entra in territorio umbro all’altezza di Volterrano, nel Comune di Città di Castello. Qui permangono testimonianze di quel clima culturale che hadeterminato la diffusione dell’architettura romanica in Altotevere già attorno al X secolo, con caratteristilistici che appaiono sempre più marcati mentre si scende a valle nelle frazioni di Roccagnano, Morra eBadia Petroia.

A Ronti si abbandona la strada di fondovalle per salire al passo di Trevine, dove esisteva un piccololazzaretto. La strada scende poi al Gioiello, nel Comune di Monte Santa Maria Tiberina, per risalire di nuovoa Valdipetrina dove si apre un’ampia visuale sulla valle del Tevere, di fronte al torrente Soara che scendedalle colline orientali.

Il guado sul Tevere era situato all’altezza di Palazzo di Carlo, dove oggi si trova il ponte della FerroviaCentrale Umbra e dove le persone più anziane ricordano ancora il passaggio di greggi di pecore provenientidalla Toscana che qui facevano sosta, a volte forzata, aspettando le condizioni favorevoli per guadare ilTevere.

Sul versante orientale, dopo aver attraversato il ponte della Soara a San Martin d’Upò, si imbocca laStrada Comunale dei Montagnini, così ancora denominata nelle mappe catastali. La via si mantiene sulladestra idrografica del torrente fino alle sorgenti, dove la piccola chiesa della Madonna dei Cinque Faggisegna i confini con il bacino imbrifero del torrente Carpina.

Per comprendere l’importanza di questo corridoio che attraversa l’Altotevere a sud di Città di Castello indirezione nord-est è necessario estendere la visuale ai territori limitrofi della Toscana e delle Marche.

3 O. Mochi, Fra chiese e conventi dell’Alta Valle del Tevere, «Valle del Tevere». Rassegna bimestrale (Anno IV 1936), n.4.

Fig. 11 -La direttrice nord-est dei Montagnini ricostruita sulla base dellacarta satellitare prodotta dallaGEOGRAMMA S.pa.

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Nella carta satellitare si distingue un solco che segna il percorso rettilineo che dalla Val di Chianaconduce alla Gola del Furlo, e che si estende a levante nella valle del Metauro fino a Fano, mentre sul lato occidentale punta in direzione di Grosseto, così da presentarsi come un naturale tracciato della “Due Mari”.

Una strada costellata di insediamenti religiosi caratterizzata da un sistema di abbazie benedettine situatea distanze regolari, lungo il tracciato che dall’abbazia di Farneta, in Val di Chiana, attraverso quella diRoccavo, nella Montagna Cortonese, sale verso l’Alta di Sant’Egidio e si spinge in territorio umbro nellaValle del Nestore, in direzione di Badia Petroja4.

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E. Gabba, The ‘Collegia’ of Numa: Problems of Method and Political Ideas, «J.R.S.» 74 (1984), pp. 81-96. Fig. 13 – Direttrice primaria di attraversamento dell’Alta Valle del Tevere in direzione SO-NE sull’allineamento della Valnestore e della Strada Comunale dei Montagnini, prolungata oltre confine nei territoriali di Marche e Toscana da Grosseto a Fano.5.

Superata la Valtiberina e imboccata la via dei Montagnini lungo il fosso della Soara, la strada raggiungel’abbazia di Sant’Andrea di Montemaggiore al Sasso, dove restano solo i ruderi dell’impianto monastico equindi prosegue fino alle pendici meridionali del Monte Nerone.

La presenza dei benedettini in questa area è testimoniata dall’insediamento di San Pietro di Massa, unodei più antichi della Massa Trabaria e fra i più importanti del bacino del Metauro, la cui origine è dacollocare attorno al VII – VIII secolo.

Di fronte all’ostacolo di monte Nerone si presentano due alternative: deviare sul lato meridionale lungola strada che conduce a Pianello per intercettare la Flaminia presso Cagli, oppure proseguire sul latosettentrionale verso l’abitato di Apecchio. In questo caso si dovrà raggiungere la valle del Candigliano perincrociare a Piobbico la strada che proviene da Scalocchio. Dopo un breve tragitto si arriva ad Abbadia diNaro6, tappa fondamentale del percorso che conduce all’abbazia di San Vincenzo presso la gola del Furlo,dove le due strade si ricongiungono sulla Flaminia dopo aver aggirato il Nerone.

Come stazioni di servizio del medioevo, costruite a distanze regolari lungo gli itinerari più frequentati, leabbazie svolgevano un servizio per i forestieri più che per le popolazioni del luogo, come strutture vocateall’ospitalità di mercanti, pellegrini e di chiunque vi poteva trovare ristoro per il corpo e per lo spirito. Le piccole chiese e le pievi di campagna, invece, erano espressione di una tradizione religiosa locale e simbolodi comunità locali. A conferma di questo diverso ruolo si sottolinea l’assenza del fonte battesimale nellechiese abbaziali, che invece costituiva una prerogativa delle pievi.

Svanita la tradizione medievale e scomparsi i monaci, attorno al XV e XVI secolo molte abbazienaufragarono nel mare magnum delle commende per essere recuperate più tardi come chiese parrocchiali eadattate alla nuova funzione, in alcuni casi con l’introduzione del fonte battesimale.

La Direttrice Nord – Pedemontana

Il criterio di dislocazione delle abbazie offre una chiave di lettura che permette di rilevare e sottolinearel’importanza strategica che ha avuto nella storia locale l’altra direttrice viaria che taglia l’Altotevere indirezione nord.

Questo importante tracciato che permette di raggiungere Città di Castello dal lato meridionale ha originedall’abbazia di San Cassiano, situata nel punto in cui convergono gli itinerari di fondo valle del Nestore, delMinima e del Seano, e che proseguono in direzione di Montone e della valle del Carpina.

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Insediamenti e strutture rurali nell’Italia Romana, Roma, 7-8 marzo 2001, Parte III, a c. di A. Cherici, in Rivista di Topografia Antica XIV, 2004. 6 A. Fatucchi, Continuità monumentali di culto dell’età precristiana nell’Appennino centrale, in Appennino -Tra antichità e medioevo, a c. di G. Roncagli, A. Donati, G. Pinto. Città di Castello 2003.

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Fig. 16 – Tracciato della direttrice nordpedemontana ricostruito sulla basedella carta satellitare prodotta dalla GEOGRAMMA S.pa.

La strada attraversa il guado sul Tevere di fronte a Promano, quindi risale la valle verso nord, mentreall’orizzonte si delinea la forma sempre più nitida del crinale appenninico. Questa visuale permette dirilevare un interessante allineamento fra le cime di Monte Sant’Antonio e del Poggio della Vicinanza, che come l’ago di una bussola indica la strada da seguire verso settentrione per raggiungere il passo delleMacinelle.

In realtà, appena superata Città di Castello è possibile seguire due itinerari diversi che si ricongiungonopresso l’imbocco della valle di Passano per continuare verso nord. Il percorso di valle coincide con lapedemontana antica; lungo, ma agevole e particolarmente indicato per la movimentazione di carri e carichiingombranti. L’altro è un percorso montano, adatto per il transito a piedi o a cavallo, caratterizzato da unsaliscendi continuo che permette di attraversare le valli dei torrenti, Vaschi, Regnano e Lama.

Una caratteristica che contraddistingue questo corridoio nord riguarda la sistematicità con cui il tracciatoincrocia gli affluenti di sinistra del Tevere e le difficoltà che si presentano nell’attraversarli, per cui inprossimità di ponti e guadi nel tempo sono sorti ospedali, chiese, monasteri e strutture militari.

Fig. 19 – Altorilievo con raffigurazionedi S. Benedetto (?) in località“Campanile”. Edificio situato inprossimità del guado sul torrenteVaschi fra Userna e S.Croce lungo lapedemontana antica a nord di Città di Castello.

Fig. 18 – Estratto Carta IGM a rilievo

Coppie di torri sentinella a controllodell’accesso alle valli laterali

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Il percorso è presidiato da una batteria di torri sentinella, disposte a coppia all’imbocco di ciascuna vallelaterale e collocate sulle alture che dominano questi punti strategici.

Un’altra serie di torri si trova lungo la pista che si snoda a monte della pedemontana su un tracciatopressoché parallelo, mentre una terza scandisce le tappe della strada di crinale, che sebbene presenti unandamento tortuoso, ha il vantaggio di non richiedere ponti o altri attraversamenti.

Il destino di queste torri è stato diverso; alcune si sono conservate come ruderi, altre sono state abbattute

o inglobate in nuove costruzioni e non di rado ampliate per trasformarle in case coloniche. Tuttavia questiedifici conservano quasi sempre dei caratteri architettonici significativi che permettono di inquadrarli in undeterminato contesto storico e di ricostruirne l’evoluzione costruttiva.

Chi conosce i profili delle colline altotiberine può individuare con facilità i principali siti strategici situatisulle propaggini delle colline orientali a nord di Città di Castello, anche se ricoperti dalla vegetazione onascosti da costruzioni di epoche successive, come il santuario di Belvedere che domina la strada pedemontana.

Osservando questo punto e spostando lentamente lo sguardo verso nord si possono distinguere insuccessione le alture dello Spellese, la collina di Userna contrapposta a quella di Santa Croce e così via, finoal Colle di Navale e Villa Panicale. Siti fortificati posti a controllo dei guadi e delle strade che risalgono aPieve delle Rose e a Vallurbana.

In prossimità del guado sul torrente Vaschi, fra Userna e Santa Croce, il toponimo “Campanile”, non cartografato, e la presenza di un altorilievo lapideo con la probabile raffigurazione di S. Benedetto, costituiscono le uniche, ma evidenti, testimonianze dell’esistenza di un monastero, o forse di un ospedale,oggi trasformato in un modesto edificio residenziale.

La Via del Vingone

Per fornire un quadro d’insieme completo dell’assetto viario storico del territorio altotiberino è necessario completare l’analisi con la descrizione del terzo lato del reticolo geometrico di base, rappresentatodalla “Via del Vingone”.

L’antica strada, che in uscita da Città di Castello punta in direzione nord-ovest, permette di raggiungereAnghiari o di imboccare la valle del Cerfone verso Monterchi, per risalire poi a Palazzo del Pero e quindi adArezzo.

L’abbazia benedettina di Santa Maria del Vingone, situata a metà strada fra la frazione di Lerchi el’abitato di Monterchi, assieme all’antica porta del Vingone che era collocata sul lato settentrionale dellacinta muraria medievale di Città di Castello, costituiscono dei capisaldi fondamentali di questo importanteitinerario storico. Lo stesso toponimo “Vingone” stimola a delle considerazioni più approfondite per trovarel’origine comune con il nome del torrente che attraversa la Valle di Chio a Castiglion Fiorentino.

Il tratto urbano della Via del Vingone in uscita da Città di Castello, è stato inglobato nel tessuto ediliziodel quartiere trecentesco di San Giacomo, quindi per accedere a questa strada oggi è necessario attraversare ilponte sul Tevere a Porta San Florido per poi immettersi sulla strada di Monterchi; in alternativa si puòseguire la bretella di raccordo con l’attuale svincolo della Superstrada E45 e proseguire in direzione diArezzo. In passato, invece, la strada attraversava il Tevere al Ponte di Nuvole, presso il monastero di SantaCaterina, quindi puntava verso il Vingone; al crollo del ponte non seguì la ricostruzione e quindi vennesostituito da un guado in località “Barca”, mentre nei periodi di piena del fiume si utilizzava un traghetto,come rappresentato in una mappa della città e del suo territorio di epoca seicentesca.

L’importanza della direttrice del Vingone non si esaurisce con questo tracciato principale. Altre stradeparallele si immettono più a sud nella valle del Tevere seguendo i principali corsi d’acqua degli affluenti didestra del Tevere.

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Fig. 22 – “Il Marchesato di Monte S. MariaTiberina” (Archivio P. Tommasini Mattiucci)7

Strade di fondovalle che incrociano la direttrice nord-est in località Gioiello, nel ramo inferiore dell’Aggia e a Ronti, nella valle del Nestore, per proseguire in direzione di Arezzo attraverso l’abbazia diMarzana, l’abbazia di Ficarolo e il passo dello Scopetone.

Sul lato sud-occidentale la direttrice segue la pedemontana che da Trestina conduce a Verna, Montecastelli e quindi alla Fratta (Umbertide), confine storico fra l’Altotevere e il perugino.

Una caratteristica importante della Via del Vingone è da mettere in relazione ai risultati di uno studiocondotto da M. e S. Ristori nel 1985, che la individua come base della centuriazione romana di età Augustea.

A favore di questa tesi vi sono dei riscontri che gli stessi autori evidenziano nel loro studio e altri cheemergono dalla stessa tecnica di centuriazione adottata su larga scala già nel I sec. a.C..

In particolare l’orientamento di questo presunto decumano, individuato dalla direttrice Città di Castello-Anghiari, ruotato di 32°-33° a sud-est, trova una sostanziale corrispondenza con l’asse della Via Emilia, checostituisce l’asse di riferimento della centuriazione degli insediamenti situati lungo la fascia pedemontanaorientale dell’Appennino.

La rotazione planimetrica di questo asse, coincidente con la posizione del sole all’alba del solstiziod’inverno, costituisce una valenza da sottolineare, quale importante riferimento astronomico, da sempretenuto in grande considerazione come elemento simbolico di tipo religioso, a partire dai popoli umbri, aglietruschi e ai romani, poi recuperato e utilizzato dalla tradizione cristiana per definire l’impianto di chiese e monasteri.

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Una prova di questo è fornita dalla Pieve a Socana, presso Arezzo, una chiesa romanica costruitasecondo le regole dell’orientamento sacrale e astronomico, con l’asse longitudinale rivolto all’alba delsolstizio d’inverno.

La particolarità che distingue questa struttura rispetto ad altre chiese romaniche orientate allo stessomodo, deriva dal fatto che l’edificio sacro è impostato sui resti di un preesistente santuario etrusco che siestendono anche all’esterno dell’abside, orientato evidentemente con gli stessi criteri e finalità simboliche.

L’assetto agrario della Valtiberina sottolinea in ogni caso l’importanza di questa direttrice, che più dellealtre ha indirizzato l’uso del territorio e la regimazione idraulica del suolo per uno sfruttamento razionaledelle sue risorse.

Conclusioni

Queste considerazioni sul disegno delle aree agricole e sulle ipotesi di centuriazione dell’Alta Valle delTevere, richiamano l’attenzione su un tema che è stato trattato in modo approfondito dal Prof. G. Cataldi inun numero di questa stessa rivista pubblicato nel 2003. Nel suddetto articolo l’Autore propone un’ipotesiricostruttiva della centuriazione aretina in riferimento ad un sistema di coordinate globali con origine suRoma, collegato ad un sistema di riferimento locale impostato sulle coordinate di Arezzo e ruotato rispetto alprimo con un rapporto di tre moduli su due.

L’interesse per lo studio del Cataldi, deriva dalla possibilità di intrecciare lo schema centuriale dell’ager Arretii con l’ipotesi di rete stradale primaria proposta in questa relazione per il territorio dell’Altotevere, perrilevare eventuali elementi di congruenza.

Per un’analisi approfondita dell’argomento non si può che rimandare allo studio integrale già pubblicato,mentre di seguito si riporta una scheda tratta dal documento originale, rielaborata con la sovrapposizionedella caratteristica forma ad imbuto della maglia viaria altotiberina.

Il risultato di questa operazione è interessante e permette di rilevare alcuni elementi comuni e unacompatibilità non casuale fra i due schemi geometrici.

La Via dei Montagnini e la Via di Pietramala (Anghiari-Sansepolcro-Lamoli), si sovrappongonoperfettamente a due lati della centuriazione aretina; la prima converge sul nodo di Foiano in Val di Chiana,mentre la seconda punta su Arezzo. Si rileva, inoltre, che il tracciato della direttrice nord altotiberina coincide con un lato del reticolo di centuriazione globale ipotizzato da Cataldi.

Tuttavia appare improbabile che questo riscontro geometrico sia frutto di una scelta consapevole;sembrerebbe piuttosto una conseguenza del principio adottato nella definizione dei tracciati viari secundum naturam, che in un ambito territoriale molto esteso riesce a far emergere delle caratteristiche non rilevabilialla dimensione locale ristretta

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8Forma Quadrata Italiae – Una teoria ‘architettonica’ per la ricostruzione topografica dell’Italia Romana. Atti e Memorie della Accademia Petrarca di Lettere, Arti e Scienze. Nuova serie – Vol. LXV a c. di G. Cataldi, Arezzo 2003.

Lo schema della rete primaria della viabilità storica altotiberina, trova completamento in un fitto sistemadi strade secondarie e diverticoli orientati secondo le stesse direttrici.

Nella configurazione d’insieme del sistema viario prevalgono i percorsi di attraversamento dalla Toscanaalle Marche; strade che risalgono l’Appennino seguendo percorsi paralleli, strutturati secondo uno schema apettine, a partire dalla via della Montagna, che da Sansepolcro conduce al Passo delle Vacche, alla strada diValdimonte, situata sopra Lama di San Giustino, alla via dei Montagnini, già descritta in modo approfondito,fino alla via di Montone o del Carpina.

Antiche mulattiere di valico che nel tempo sono divenute importanti arterie locali e che oltre allo stessoorientamento sembrano avere nel nome un’altra caratteristica comune, che invita a delle riflessioni e ad una seria prosecuzione delle ricerche.

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Giovanni Cangi Via della Quercia, 3/F06012 – Città di Castello (PG )tel/fax 075.8550881e-mail: ingcangi@tiscali.it